“Anche persone che sono in azienda da tre/quattro anni e che ricoprono funzioni esecutive dichiarano che la gestione del tempo e delle priorità è tra i principali problemi che assilla la loro vita professionale quotidiana. Perché?
Fino a qualche anno fa i corsi di Time Management erano diretti a quelle figure che ricoprono le posizioni più elevate nell’organigramma aziendale: il tempo era un problema per i Manager e per i ruoli con elevati livelli di autonomia e di responsabilità.
Oggi però anche persone che sono in azienda da tre/quattro anni e che ricoprono funzioni esecutive dichiarano che la gestione del tempo e delle priorità è tra i principali problemi che assilla la loro vita professionale quotidiana.
Perché?
Tabella dei Contenuti
Perché la gestione del tempo è un problema così diffuso?
La cosa non stupisce più di tanto: in contesti liquidi e veloci caratterizzati dal continuo sorgere di problemi e criticità nuove e mai affrontate prima, l’attività tipica del capo di assegnazione e controllo dei corretti “carichi di lavoro” tra i propri collaboratori è diventato un vero e proprio rompicapo.
Molti capi hanno rinunciato a gestire il problema e spesso si affidano a un’idea: nel momento in cui il collaboratore sarà troppo “carico”, si lamenterà.
Peccato però che i capi poi si dimenticano, in alcuni casi, di prevedere in agenda il tempo necessario per ascoltare proprio quel lamento elevato a “strumento manageriale”.
Non dimentichiamoci che nelle attuali configurazioni organizzative il capo ha perso in buona parte la funzione di regolatore del traffico delle attività svolte dai collaboratori: molte attività entrano nell’agenda del collaboratore da accessi diversi spesso ignoti al capo.
I colleghi, i gruppi di lavoro, i progetti speciali, i capi funzionali, le attività corporate, per citarne alcune, sono porte di accesso la cui gestione è lasciata al collaboratore.
La gestione del tempo e i corsi di formazione
E su questo aspetto entrano in crisi molti corsi di Time Management e la cosiddetta matrice di Eisenhower (quella dell’urgenza e dell’importanza) in cui diventa difficile definire non tanto la variabile di urgenza ma piuttosto quella di importanza.
Quando chiedo in aula ai partecipanti quale è la cosa più importante nel loro lavoro, mi confronto con risposte con un elevato livello di incertezza e di approssimazione.
Risposte come “il successo dell’Azienda” il “risultato della mia Divisione/Area” sono un emblema della confusione tra ruolo imprenditoriale e ruolo del dipendente, spesso cavalcata ad arte dalle aziende.
In un contesto liquido e in costante cambiamento spesso si usa la scorciatoia del concetto di “imprenditorialità personale”, talvolta fuorviante, per evitare di affrontare un altro problema: quello della continua e incessante necessità di tenere aggiornato il criterio di importanza di ciascun ruolo nell’organizzazione.
Quando un collaboratore cerca, magari su stimolo del docente di un corso di Time Management, di definire con il proprio capo quale è l’importanza del proprio ruolo si sente rispondere da “tutto” a definizioni vaghe quali “il successo del progetto o della Direzione/Ufficio/Ecc.”
Chi dovrebbe definire l’importanza del ruolo aziendale?
Se rispolvero vecchie reminiscenze di diritto mi ricordo che l’onere di organizzare le risorse per raggiungere il successo è dell’imprenditore e dei suoi fiduciari (Manager) e che il contratto con il dipendente è un contratto di lavoro subordinato e non un contratto di appalto.
Risulta anche a voi?
Il concetto di importanza nella gestione del tempo
Nella matrice di Eisenhower per Importanza si intende la cosiddetta IMPORTANZA DI RUOLO ovvero “Il motivo per il quale l’organizzazione ha stabilito di dotarsi di quel ruolo”.
Sono pertanto importanti quelle attività che l’organizzazione ha assegnato al mio ruolo e che posso svolgere solo io date le mie competenze, informazioni e deleghe.
Cosa succede alla gestione del tempo se tutto è importante
Se l’importanza è “TUTTO” ovviamente le priorità saltano e i carichi di lavoro diventano infiniti, ma soprattutto si favorisce la naturale sostituzione dei criteri razional-organizzativi con quelli del piacere individuale.
Voglio dire che, visto che ogni collaboratore ha molti accessi che forniscono attività da svolgere (colleghi, capi funzionali, progetti ecc.), quando si è annoiato di fare quello che fa da tempo o non ha più voglia di fare quello che non ama tende a fare shopping rendendosi disponibile a svolgere attività nuove o che apprezza particolarmente.
Tutto ciò è umano e positivo perché aumenta la motivazione e l’engagement ma da un punto di vista organizzativo e di gestione dello stress è un disastro.
Le conseguenze (per la gestione del tempo) di una cattiva definizione delle priorità
Quando, senza interpellare il capo e/o sottostimando l’impegno previsto, aderisco alle richieste di svolgere nuove attività che impegnano il mio tempo sottraendolo alle vecchie attività tradizionali (e noiose!) del mio ruolo, si verificano due fenomeni
1. Se il collaboratore ha un senso del dovere poco ingaggiato si rischia di inchiodare le attività tradizionali e ridurre la produttività dell’organizzazione
2. Se il collaboratore, come auspicabile, ha un forte senso del dovere, quello che di solito accade è un aumento del carico di lavoro totale, dello stress e in ultima analisi anche un calo della produttività dell’organizzazione
Come osservatore esterno noto un allargamento ipertrofico del criterio di importanza.
Allargamento che viene favorito da un lato dalle continue nuove necessità di attività da svolgere all’interno delle organizzazioni, dall’altro dalla naturale tendenza dei collaboratori (Millennial in testa!) a fare cose nuove e più interessanti.
(Leggi anche “7 Step per valorizzare i Millennial in azienda (puntando sull’intelligenza emotiva))
Due sono le conseguenze: si vanno a coprire zone grigie dell’organizzazione (effetto positivo) a detrimento (effetto negativo) delle attività tradizionali.
Ecco perché i corsi di time management (da soli) non funzionano
Se poi il collaboratore stressato partecipa a un corso di Time Management e durante il corso io scopro che le cose urgenti e importanti da fare sono quelle tradizionali (e noiose) del suo ruolo e quelle urgenti ma non importanti (le attività da eliminare o delegare) sono quelle nuove che ama di più…
È chiaro che la persona non si attiverà e non applicherà i suggerimenti per tornare in equilibrio.
Meglio stressati e contenti che non stressati e annoiati.
In pratica il nemico… è dentro di noi!
Quali soluzioni (davvero efficaci) propongo per la gestione del problema tempo?
Ne conosco solo una efficace ma purtroppo richiede al capo proprio quel tempo e quell’energia che non ha.
Accettare una continua negoziazione sul criterio di importanza di ruolo con ognuno dei suoi collaboratori per mantenere un buon livello di novità e sfide per tutti senza vedere ridurre il tempo dedicato ad attività fondamentali per la propria struttura.
Un continuo scambio delle attività e delle responsabilità tra i collaboratori, da implementare con un gioco ininterrotto delle N. carte, criteri di job rotation e scambio delle attività tra i collaboratori.
L’evoluzione del Manager da regolatore del traffico a Regista teatrale che sia in grado di mantenere un elevato livello di engagement e crescita dei collaboratori, senza abbandonare l’importanza dei ruoli all’accaparramento e alla libera iniziativa individuale ma gestendola con sapienti capacità di regia organizzativa.
Lo ammetto: non è facile, ma è sempre più necessario.
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Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.