In questa serie di articoli dedicati alla gestione del tempo, stiamo scoprendo insieme come impiegare al meglio il nostro tempo, come definire le priorità e infine come mettere tutto questo in pratica nella nostra vita lavorativa (e non solo).
Ma procediamo con ordine: nel post precedente abbiamo visto come cercare di avere una rappresentazione più chiara di come impieghiamo il nostro tempo utilizzando i consigli dei metodi del problem solving e costruendo l’analisi della settimana tipo. E ora?
Adesso bisogna decidere se siamo in una posizione lavorativa, familiare o complessiva che ci permette di fare tutto quello che ci viene richiesto (o se, al contrario, dobbiamo necessariamente sacrificare qualcosa per evitare di essere schiacciati da un eccessivo carico di attività).
La gestione del tempo: riusciamo a fare sempre tutto?
Se la risposta è sì, siete fortunati e forse siete in una posizione lavorativa e personale – per adesso – molto fortunata. Ma se la risposta è no, vi suggerisco di farvi una seconda domanda molto critica alla quale vi consiglio di rispondere francamente: sono in grado di sopportare che qualcosa che mi viene richiesto di fare (da capi, colleghi, familiari, allenatori sportivi ecc.) possa non essere fatto?
Per riuscire a sopportare, senza eccessivi danni collaterali, che “qualche palla caschi per terra”, è necessario mettersi nella condizione di dimostrare a chiunque – e il capo è generalmente il più critico, anche se alcuni familiari non sono da meno – che ho attentamente valutato di sacrificare l’attività/l’incarico che ha una priorità più bassa.
Le priorità, queste sconosciute!
Quando ci lamentiamo con il capo di non avere tempo sufficiente per fare quello che ci chiede, la simpatica risposta che ci sentiamo dare è “stabilisci le priorità”, dimenticando che proprio ieri ci ha chiesto di fare 5 cose tutte subito, quindi senza permetterci di valutarne la priorità.
Sintetizziamo: per gestire le priorità bisogna valutare tre componenti di ogni attività (due facili ed una difficilissima). Urgenza, tendenza e importanza.
- Urgenza: la scadenza temporale dell’attività. Quella vera però, non quella falsa stabilita per farci venire l’ansia, per spingerci a farla subito per poi vederla languire su qualche scrivania per giorni o settimane.
- Tendenza, cioè quanto una attività serve per correggere qualcosa che, se non gestito, tende a peggiorare sempre di più ogni ora che passa. Alta tendenza significa che più tardi intervengo e più danni/scarti/criticità si creano. Bassa tendenza significa che il problema c’è, ma non cambia molto se intervengo adesso piuttosto che domani.
- Importanza: la più difficile da identificare, e spesso per identificarla significa concordare con il proprio capo quali sono le cose importanti del ruolo che ricopriamo. Eisenhower – non proprio lui, ma la matrice che vedremo nel prossimo post ha preso il suo nome – identificava come importanti le attività per fare le quali il nostro ruolo è stato inserito nell’organizzazione, quelle che possiamo fare solo noi data la nostra posizione, competenze, informazioni o deleghe. Capite che allineare quello che riteniamo importante nel nostro ruolo e quello che ritiene importante il capo è fondamentale (in uno dei prossimi one-to-one iniziate a farlo!)
Un esempio con i numeri…
A questo punto, se siete dei misuratori ossessivi, siete in grado di definire che – a parità di tendenza – se vi siete dedicati ad una attività importante x80 ed urgente x60 (quindi “palla” da 4.800 punti) avete fatto meglio, piuttosto che dedicarvi ad una attività urgente x80 ma importante solo x20 (quindi una “palla” da 1.600 punti). Nessuno potrà biasimarvi se, non potendo fare entrambe le cose, decidete di dedicarvi ad una attività da 4.800 punti, lasciandone cadere a terra una da 1.600 punti.
Troppo matematico? Forse, come esempio, ma spero di avervi passato almeno il principio.
Per scoprire come agire per sistematizzare le cose… al prossimo post!
Se invece avete voglia di rileggere la prima parte di questo articolo, cliccate qui.