Perché non realizziamo (quasi) mai i nostri buoni propositi per cambiare
L’inizio dell’anno è un classico momento di progettualità: buoni propositi, diete, progetti sportivi, ma soprattutto idee di cambiamento del lavoro o almeno di quelle parti che ci piacciono meno del nostro ruolo professionale.
L’esperienza ci dice che tutti i nostri sforzi progettuali falliscono inesorabilmente con la stessa velocità con la quale vengono smontate le luci natalizie.
Perché?
– Leggi anche il mio articolo dell’anno scorso “Come cambiare la tua vita professionale (questa volta veramente)” –
Perché non realizziamo (quasi) mai i nostri buoni propositi per cambiare
I problemi sono di due tipi: la forza dell’abitudine e la resistenza al cambiamento.
La forza dell’abitudine, che ci riporta rapidamente alle modalità note appena ci reimmergiamo nel solito contesto… la sindrome del “finché la barca va…”
E la resistenza al cambiamento:
“…ma alla fine non sono grasso”
“…quando le giornate si allungano inizierò a correre”
“…comunque è un lavoro che mi permette di…”
Come sconfiggere i 2 ostacoli che ci impediscono di cambiare
Per cercare di combattere queste due potenti forze oppositrici dobbiamo smettere di usare solo il pensiero e gettarci nell’azione.
E per metterci in azione ci servono degli “action trigger” (inneschi di azione) che avviino la parte attiva del cambiamento spostando il piano da mentale a fisico.
Talvolta gli action trigger sono generati dalle circostanze: una malattia per mettersi a dieta o smettere di fumare, una offerta di lavoro che arriva inaspettata da un head hunter…
Talvolta dalla relazione: un gruppo di amici che ci coinvolge nella preparazione di una maratona, ma quelli più difficili e duraturi provengono da un nostro cambiamento di prospettiva interno.
Quando cambia la nostra prospettiva interna?
Un cambiamento di prospettiva non avviene, tranne rari casi, da solo o per caso. Deve essere oggetto di metodo e di volontà, ma soprattutto ha spesso bisogno di un supporto esterno: un coach, un personal trainer, un libro illuminante, un corso efficace.
I cambiamenti interiori più importanti avvengono quando ci esponiamo senza protezione all’influenza di idee, suggerimenti o culture esterne.
Come cambiare la nostra prospettiva interna?
Nel tempo ho sviluppato un semplice metodo che condivido volentieri… nessuna invenzione epocale solo buon senso condensato e qualche approfondimento professionale su come gestire il cambiamento.
Diciamo (e per me non è un esempio a caso) che siate soddisfatti del lavoro che fate, che vi appassiona e vi garantisce un appropriato stile di vita, ma che vorreste ridurre il tempo che vi assorbe e limitare il livello di stress nei momenti di maggiore attività.
L’obiettivo è chiaro, ma come fare?
Procedendo per passi, anche contemporanei e non sequenziali.
5 passi per passare da desiderio a cambiamento
1° passo per cambiare
Quella che definisco la parte mentale (che amo molto e nella quale rischio di indulgere oltre ogni limite accettabile), ovvero la ricerca di libri, post, articoli relativi al tema per approfondire idee e metodi di altri.
In questa fase se non siete amanti delle letture un coach o, per cambiamenti più profondi, un counselor funzionano benissimo.
Durante le vacanze di Natale ho letto il libro di Tim Ferriss “The 4-Hour Workweek” nel quale ho trovato una infinità di suggerimenti molto interessanti.
Per quelli che vogliono cambiare radicalmente consiglio “Adesso Basta” di Simone Perotti.
2° passo per cambiare
Quello relazionale, ovvero identificare tra le proprie conoscenze, amicizie o colleghi quelli che, a nostro giudizio, hanno qualche cosa da raccontarci e insegnarci relativamente al nostro problema.
Incontriamoli, magari offrendo il classico aperitivo, per capire come fanno, quali modalità pratiche mettono in atto per riuscire.
Attenzione alla classica resistenza subito in agguato: “ma lui ha un carattere, lavoro, capo… diverso, per me è meno facile”.
Cercate di astrarre il consiglio dalla situazione e cercate di calarlo nella vostra realtà.
3° passo per cambiare
Difficile da fare ma importantissimo, il passo sperimentale.
Trovare uno spazio di tempo per provare in “incognito” la nuova modalità.
Qualche esempio non facile: provare a cambiare alimentazione durante una vacanza, provare a disintossicarsi dalle mail durante una trasferta simulando un problema tecnico, simulare un problema che vi costringe a lavorare da casa per una settimana.
Sono prove che dobbiamo fare misurando la produttività, i risultati ma soprattutto l’effetto che hanno su di noi.
Un esempio classico: è inutile continuare a lamentarsi di rimanere troppo a lungo in ufficio se imponendoci per una settimana di uscire alle 17 siamo assaliti da una noia mortale e non sappiamo cosa fare!
4° passo per cambiare
Quello negoziale.
Tranne qualche eccezione, ognuno di noi deve negoziare il cambiamento con qualcuno (il partner e la famiglia per l’alimentazione o per gli impegni sportivi, il capo per lo smart work, i colleghi sulle modalità di informazione e comunicazione ecc.) e trovare le condizioni per adeguare il lavoro alle proprie necessità senza impatto sulle prestazioni o talvolta anche incrementandole.
Se negoziando con il capo portate gli incredibili risultati di produttività della vostra settimana di lavoro da casa, forse sarà più facile ottenere qualche giorno della settimana di home-office.
5° passo per cambiare
Salpare.
Dopo avere preparato tutto si deve partire con il cambiamento e come in tutte le partenze all’inizio avremo come compagnia l’ansia del nuovo.
E la partenza può essere virtuale o fisica: se sono riuscito ad ottenere di lavorare da remoto, ho eliminato la necessità della mia presenza alle inutili riunioni e modificato le chiamate con le mail chi dice che devo stare in città?
Perché non posso lavorare dalla amata casa al mare o addirittura da Palermo o Parigi?
Siamo sicuri che la nostra produttività non sia maggiore?
Il libro di Tim Ferriss è illuminante ed in parte “disruptive”… dopo averlo letto sono passato a… “studiarlo”.
Cambiare non è facile ma non credere che sia impossibile!
Cambiare non è facile e richiede un costo in termini di sforzo e rischio, ma vale la pena perché spesso non è il nostro lavoro che non ci piace, ma come lo facciamo, in che contesto e con che regole del gioco.
Spero di avervi dato qualche “dritta” utile.
Mi piacerebbe sentire cosa ne pensate ma soprattutto esempi di cambiamenti efficaci perché spesso il cambiamento avviene quando siamo ispirati dagli esempi degli altri.
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Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.