Molti di noi non lo ammettono, ma spesso interagire, comunicare e, ancora di più, dare un feedback evolutivo può essere complicato: perché non troviamo il momento giusto, le parole giuste, la formula giusta… per trasmettere esattamente ciò che vogliamo.
Tuttavia in AdActa Consulting sappiamo quanto sia importante fornire feedback smart e tempestivi affinché i risultati delle nostre persone e dei nostri collaboratori migliorino costantemente. Ecco perché oggi, come sempre, siamo qui con voi per condividere qualche utile spunto per aiutarvi a raggiungere i vostri obiettivi comunicativi quando siete chiamati a dare un feedback evolutivo e mai negativo!
Tabella dei Contenuti
Il feedback in azienda
Qualunque sia il nostro ruolo: manager, team leader, coordinatore di risorse, etc… uno dei momenti più complessi e delicati nella gestione di un team (delle risorse umane in generale), è quello del feedback negativo, quando cioè dobbiamo informare le persone con cui stiamo lavorando che c’è qualcosa che non va, che i risultati non sono quelli che ci saremmo aspettati o che sono stati richiesti.
Non è un momento piacevole, né per chi deve trasmettere il messaggio né per il collaboratore che lo deve ricevere.
In questi casi è fondamentale comprendere che non conta solo il contenuto della comunicazione: il processo è ben più articolato e, affinché il feedback sia ricevuto correttamente, bisogna avere ben chiara l’importanza della cura del contesto, la possibile interpretazione che l’interlocutore potrebbe dare alle nostre parole e, dunque, la sua possibile reazione.
Nel processo comunicativo, e più propriamente nel processo di feedback, sono coinvolti diversi fattori di cui bisogna tenere conto, tra cui la relazione, il valore personale dell’individuo, la sua realizzazione, i comportamenti, la motivazione etc.
Vediamo insieme che cos’è il feedback evolutivo e qualche consiglio per trasformare un momento potenzialmente “negativo” in un’occasione di valore condiviso.
Che cos’è il feedback evolutivo? Come trasformare una situazione negativa in un momento di valore condiviso?
Partiamo da un presupposto fondamentale: un feedback non deve mai essere negativo tout court, nemmeno quando i problemi da affrontare sono significativi. Il feedback, per sua natura, dev’essere costruttivo, meglio ancora evolutivo: dev’essere, cioè, utile per chi lo riceve (e – udite, udite! – anche per chi lo dà), migliorativo e progressivo nell’agire sulle potenzialità e sullo sviluppo di persone e situazioni.
Che cosa vuol dire evolvere?
L’Enciclopedia Treccani ci dice: “evolvere […]: subire un’evoluzione”.
I suoi sinonimi sono: “accrescersi, ampliarsi, avanzare, crescere, evolversi, fare progressi, migliorare, perfezionarsi, progredire, svilupparsi. Cambiare, modificarsi, mutare, trasformarsi.”.
Dunque il feedback evolutivo è un modello strategico basato sulla crescita, il miglioramento, il progresso condiviso e reciproco che, se compreso e interiorizzato adeguatamente, ci aiuta a migliorare la qualità del nostro e dell’altrui lavoro, senza che alcun elemento negativo contamini il feedback stesso e faccia perdere motivazione, fiducia e concentrazione.
I vantaggi del feedback evolutivo
Il feedback evolutivo ci permette di:
- trasformare un risultato inizialmente negativo in un’occasione di crescita per tutte le parti coinvolte;
- rinforzare i comportamenti positivi;
- valorizzare i feedback positivi;
- agire sulla consapevolezza, l’engagement e l’empowerment (e, a cascata, su efficacia, autoefficacia ed efficienza).
La spina dorsale di un feedback evolutivo consiste nel plasmare la nostra visione iniziale delle cose: cioè nel trasformare quello che può sembrarci – ed essere – un problema in opportunità.
Come?
Concentrandoci al 100% sulla ricerca dell’utilità, sull’occasione evolutiva che si nasconde dentro al problema stesso. Un feedback è evolutivo nel momento in cui è anche generativo, ovvero quando produce un valore che si può tradurre in risultati ottimali e alte prestazioni.
I 5 Errori più comuni che impediscono un feedback veramente evolutivo
Per poter fornire un feedback, e per padroneggiarlo adeguatamente affinché sia davvero evolutivo, dovremmo evitare alcuni errori.
Errore n. 1: presumere che tutto sia chiaro
Il primo errore in cui si può incorrere è la presunzione che tutto ciò che è chiaro per noi lo sia anche per il nostro interlocutore. A volte infatti, quando interagiamo, comunichiamo e diamo un feedback, diamo per scontati diversi fattori sui quali il nostro interlocutore potrebbe non avere le idee chiare. Così facendo apriamo la porta ad incomprensioni e questo incide gravemente sul risultato finale.
Errore n. 2: evidenziare solo le criticità
Il secondo errore è quello di costruire il feedback solo sulle criticità, senza riconoscere gli aspetti positivi. Se diamo soltanto un feedback negativo su alcuni aspetti del lavoro che il nostro collaboratore non sta svolgendo nella maniera corretta, senza accompagnarlo con un feedback positivo su ciò che invece sta facendo bene, il nostro collaboratore potrebbe presumere che tutto quello che sta facendo sia sbagliato. La conseguenza: o la demotivazione totale o il cambiamento – da parte sua – anche di ciò che invece stava già funzionando.
Errore n. 3: non specificare e orientare all’obiettivo
Quando diciamo genericamente al nostro collaboratore che “qualcosa potrebbe essere migliorato”, ma non chiariamo esattamente quale risultato ci aspettiamo o su quale problema dovrebbe agire, il nostro collaboratore potrebbe provare a risolvere a modo suo. Ma ci sono buone probabilità che non giunga alla soluzione di cui abbiamo tutti bisogno.
Errore n. 4: presumere che il nostro collaboratore comprenda le conseguenze dell’errore
Quando diciamo che qualcosa non funziona, ma non spieghiamo perché non funziona, il nostro collaboratore potrebbe presumere che si tratti solo della nostra opinione. E, in maniera più o meno inconscia, costruire resistenze al cambiamento e alla soluzione del problema.
Errore n. 5: supporre che il nostro collaboratore abbia sempre gli strumenti necessari per correggere l’errore.
Indicare ai nostri collaboratori le criticità non implica che essi, automaticamente, siano in grado di risolverle: un feedback evolutivo, non si limita a segnalare una situazione problematica, ma comprende anche suggerimenti, consigli, scambi di idee per cercare di trasformare davvero la criticità in un’occasione per creare valore aggiunto (e condiviso!). Con la consapevolezza, da parte del nostro collaboratore, della nostra presenza e del nostro supporto.
5 passi per preparare un feedback evolutivo
Una volta compresi alcuni degli errori che possono verificarsi quando bisogna dare un feedback, vediamo 5 passi fondamentali da intraprendere per prepararci e far sì che il nostro sia davvero un feedback evolutivo:
- Passo n.1: Analizzare la situazione di contesto;
- Passo n.2: Individuare e avere ben chiaro l’obiettivo che vogliamo raggiungere;
- Passo n.3: Conoscere l’interlocutore, la persona, cosa per lei è importante, i suoi obiettivi, le sue motivazioni e le sue priorità;
- Passo n.4: Comprendere quali risorse e quali strumenti ci servono per raggiungere lo scopo;
- Passo n.5: Identificare la migliore strategia da mettere in pratica per rispondere a necessità, obiettivi, aspettative, motivazioni reciproche e, soprattutto, per creare valore condiviso.
Come fornire un buon feedback evolutivo
La forza del feedback evolutivo consiste nel concentrarsi su ciò che dovrebbe accadere, invece che focalizzarsi su ciò che è già accaduto. Secondo la Feedback Academy, per raggiungere questo obiettivo il feedback deve essere strutturato attorno a due assi:
- l’attenzione, riferita a fattori già esistenti (che devono essere massimizzati o attenuati);
- l’innovazione, che si riferisce a fattori che devono essere eliminati completamente o che devono essere introdotti ex novo.
Pertanto, affinché il nostro feedback sia orientato all’evoluzione di ciò che deve essere mantenuto, ridotto, integrato o eliminato, dovremo seguire i seguenti passaggi:
- indicare i tratti positivi già presenti, che devono essere mantenuti o potenziati;
- evidenziare i tratti che devono essere attenuati.
- consigliare che cosa deve essere implementato.
- spiegare quali fattori devono essere rimossi.
Nota Bene: il feedback evolutivo parte anzitutto da ciò che è positivo, al fine di neutralizzare la sensazione di minaccia che il feedback può generare in determinate occasioni.
Perché dare un feedback evolutivo? Come può fare la differenza?
Dare correttamente un feedback evolutivo evita situazioni più o meno spiacevoli che, tra le altre cose, possono coincidere con costi indiretti anche rilevanti e gravosi per le persone e per l’intera organizzazione:
- inutili incomprensioni in grado di generare potenziali conflitti;
- lo sviluppo di situazioni di demotivazione, inefficacia o inefficienza;
- la perdita, da parte del collaboratore, dell’assunzione di responsabilità e della focalizzazione rispetto all’obiettivo;
- il potenziale sfaldamento del team di lavoro.
Inoltre la valorizzazione di momenti di feedback evolutivo (o costruttivo) può generare molteplici effettivi positivi: parliamo per esempio di engagement, fidelizzazione, motivazione, emersione del potenziale, (self-) empowerment, autoconsapevolezza… tanto per citarne alcuni che possono avere ricadute importanti in termini di efficacia e di produttività delle singole persone e dei team di lavoro.
Può quindi valere la pena soffermarci a riflettere sul nostro modo di dare feedback ai nostri collaboratori e, se necessario, investire risorse, tempo ed energie per migliorare gli strumenti a nostra disposizione in questo ambito.
Come? Magari con un corso di formazione presente nel nostro catalogo, puoi trovare ad esempio il corso Smart Feedback: istruzioni per l’uso. Tecniche e strumenti per la valutazione delle performance e la gestione del feedback o un’iniziativa pensata ad hoc per le tue persone: se sei interessato, contattaci!
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Consulente, formatore, sociologa economista specializzata in Direzione Aziendale e del Lavoro con un Master in Gestione e Strategia d’Impresa. Sostenitrice della generatività economica e sociale, ha collaborato con l’ARC Research Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
È un'inguaribile curiosa alla costante ricerca di nuove conoscenze perché è fermamente convinta che la crescita avvenga nel confronto con gli altri. Le dinamiche sociali, interazionali, consulenziali e i team building sono la parte che preferisce del suo lavoro, mentre le sue passioni sono l’antropologia culturale, i documentari, il riciclo creativo e il giardinaggio.