“Gli orologi facevano tic e tac; quelli di oggi fanno stress e relax, stress e relax.”
(Stefano Bartezzaghi)
Ogni giorno sulla stampa e sui social (LinkedIn in primis) leggo articoli e consigli su come gestire il tempo e le priorità (io stesso ne ho scritto uno: “L’importanza del tempo in azienda: come gestirlo al meglio“).
Suggerimenti su “Come gestire le interruzioni e i colleghi inopportuni”, pubblicazioni sulle “Dieci regole per organizzare le priorità” e simili.
Tutti consigli utilissimi e funzionali, ma accomunati da un comune punto debole: affrontano gli effetti – e non le cause – dello stato di stress e superlavoro che assilla quotidianamente chi ha posizioni di responsabilità.
Tabella dei Contenuti
Il principale problema manageriale sembra essere il tempo
Noto che nei corsi manageriali il tempo è considerato immancabilmente il principale problema: tutto è urgente, si lavora un numero di ore eccessivo (oltre il limite che gli studi sul comportamento umano hanno stabilito essere negativo per la qualità degli output), la tendenza ad essere sempre “on-line” inquina notti e fine settimana quando non anche le ferie.
E ancora la percezione della totale assenza di tempo “di qualità” per pensare e dedicarsi ai progetti di lungo periodo, la constatazione che le idee più brillanti per risolvere i problemi sono generate nei pochi momenti off-line e non ultimo il continuo stress sulle performance che nutre la conflittualità interna e la voglia di “mollare tutto e aprire un agriturismo, enoteca, ecc.”.
Dai sintomi che osservo, mi sembra che sia stato raggiunto un livello di criticità e stress tale da rendere necessario qualche ripensamento sul modo in cui lavoriamo e sul modello organizzativo delle aziende: continuare con quello attuale rischia di generare più problemi che risultati.
Sono anche convinto che sia sterile chiedersi cosa ci abbia portato fino a questo punto: crisi, riduzione dei costi, globalizzazione, concorrenza spietata e ricerca di una crescita continua degli utili sono sicuramente tra le cause, ma in misura maggiore o minore ci sono sempre state, e sempre ci saranno, condizioni esterne che influiscono negativamente sulla qualità del lavoro.
Le nuove generazioni e il diverso approccio al tempo e allo stress
Un segnale per tutti: negli ultimi tempi osservo un significativo cambiamento nell’atteggiamento delle nuove generazioni che entrano, con fatica, nel mondo del lavoro.
Sempre che abbia ancora senso utilizzare questo termine, visto che il cosiddetto mondo del lavoro è diventato omni-pervasivo e ha, per molti, annullato ogni altro mondo possibile.
A differenza della maggior parte dei miei coetanei, le nuove generazioni valutano, quando possono, le offerte di lavoro anche dal punto di vista della qualità del work-life balance (cercando di fuggire dall’eccessivo stress!).
Alcune aziende, note per i ritmi di lavoro impossibili, iniziano ad avere serie difficoltà ad assumere risorse critiche e il livello di turn-over comincia a essere elevato anche nei primi anni di lavoro.
Le tre principali cause del problema tempo e lo stress che ne deriva
Anni di formazione sul time management mi hanno insegnato che il problema del tempo ha tre grossi ordini di cause:
1. Il metodo
Avere un buon metodo e utilizzare gli strumenti che il time management mette a disposizione aiuta, ma non risolve.
Il tempo, oltre un certo limite, è incomprimibile e, per quanto ci sforziamo, il nostro organismo stesso ha dei limiti a funzionare sempre e soltanto al massimo dei giri.
2. Noi stessi
Ho imparato che il peggior nemico nella gestione del tempo siamo noi e la nostra necessità di essere considerati – e considerarci – efficienti, puntuali, critici e centrali nei processi più importanti dell’azienda.
L’incapacità a dire di no e a mettere barriere alle continue richieste e pressioni per la smania del successo e del controllo sono sicuramente un punto su cui riflettere con attenzione.
Molti mi confessano di sentirsi in colpa quando escono dal lavoro alle 18 anche se nessuno, tranne il proprio senso di colpa, ha obiezioni al riguardo.
3. L’organizzazione in cui lavoriamo
La continua ricerca dell’efficienza e della riduzione degli sprechi, senza ovviamente rinunciare alla velocità e al continuo innalzamento degli obiettivi, è un gioco al massacro sul quale credo sia necessario fare delle serie riflessioni.
Non ho risposte certe su questo terzo punto, ma è da qualche tempo che ci sto pensando con attenzione e vorrei condividere alcuni spunti.
Il modello organizzativo attuale come principale causa di stress
Essendo un formatore, ho cercato di utilizzare un qualche metodo per razionalizzare le riflessioni sul tempo e lo stress, evitando di perdermi nel labirinto della complessità
Nelle teorie della negoziazione (soprattutto la negoziazione interaziendale) esiste un vecchio schema – il “trittico negoziale” – che ci spiega che cercare di ottenere lo svolgimento di una attività subito, con un elevato livello di qualità e senza mettere in gioco risorse non può essere definito negoziazione, ma imposizione.
Vi ricorda qualcosa?
A me ricorda il modello organizzativo attuale, nel quale si riducono i tempi, si richiede una qualità elevata e si sottraggono risorse invece di aggiungerne (generando stress, stress e ancora stress!)
Credo che ognuno di noi oggi abbia bisogno che la propria organizzazione trovi la volontà e la capacità di recuperare un approccio più negoziale e più umano (che tenga conto del livello di stress delle risorse) andando ad agire – il come ovviamente è il punto critico – su almeno uno di questi tre punti.
3 elementi da considerare per controllare il livello di stress
1. Tempo
Non si può continuare a ridurre all’infinito il tempo per fare le cose.
Il time-to-market è importante, ma ho il sospetto che sia diventato un mito che sta assumendo dimensioni mostruose. È capitato a tutti di fare tardi la sera per una richiesta inderogabile che poi è rimasta sul tavolo del capo per giorni o settimane, quando non è addirittura evaporata nel nulla.
Se vogliamo limitare i livelli di stress in azienda, dobbiamo ripensare alle urgenze e alle vere criticità ad alto impatto sul business e dobbiamo limitare quelle urgenze che non sono realmente tali.
Abolire l’abuso delle e-mail serali o del fine settimana, se possono essere comunicate e fatte il lunedì mattina senza danni evidenti (causa di stress immotivato!).
Alcuni recenti studi dicono chiaramente che l’urgenza continua impatta negativamente sulla creatività, la nostra italica arma segreta, che stiamo sacrificando sull’altare della rapidità e della connessione continua contribuendo alla distruzione della nostra invidiata “bella vita”.
2. Qualità
Credo sia la leva che peggio si presta ad essere ridotta, anche se gli studi effettuati sulla distanza tra qualità offerta e qualità realmente percepita lasciano intravedere ampi spazi di recupero.
È così necessario lavorare sempre sulla soglia massima della qualità?
3. Risorse
Questo punto apre discussioni feroci e storicamente note sulla redistribuzione delle risorse economiche, ma non penso a questo.
Mi riferisco al più pratico tema delle risorse messe a disposizione dei responsabili tutti i giorni per raggiungere gli obiettivi assegnati.
Il rapporto risorse/obiettivi dovrebbe permettere una qualità della vita lavorativa “umana” e un conseguente livello di stress contenuto.
E dovrebbe essere negoziato con coraggio da chi gli obiettivi li deve raggiungere.
Il tutto con buona pace delle ultime righe del bilancio e con una visione più orientata alla sopravvivenza dell’impresa nel lungo periodo più che alla sua redditività nel breve/brevissimo periodo.
Organizzazioni e stress: siamo sicuri di andare nella giusta direzione?
Sono temi complicati e pieni di incognite, ma credo che sia giunto il momento di affrontarli con coraggio perché continuare sulla strada che stiamo percorrendo attualmente è un errore.
E ho il timore che questo ci porti, se non forse al collasso del sistema, sicuramente alla perdita delle risorse migliori e più creative. Risorse che vedo sempre più attratte dal mondo delle ONG, dal sociale o da quei paesi nei quali qualche risposta su questo tema (work-life balance, stress ecc.) è già stata trovata e implementata prima di noi.
Più che disposto a discuterne…
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Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.